Ore 21.15 – Palco della Festa
Il sottotitolo recita “storia di Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia” perché il fulcro di questa vicenda è Il parroco (“U parrinu”) che, con la sua dirompente e innovativa azione educativa nei confronti dei giovanissimi e dei più adulti, ha smosso gli animi di molti rappresentando una cellula impazzita nell’ambito di comportamenti sociali ormai consolidati complice l’indifferente carenza delle Istituzioni: infinite le promesse non mantenute da ‘pseudopolitici’ senza interessi reali per gli altri.
Non più arrendevole dipendenza, docile soggezione, remissiva sottomissione, rispettoso servilismo e devoto ossequio verso altri apparentemente più forti perché, per don Pino, la vera forza non è la violenza vendicativa, ma il perdono affettuoso e amorevole: messaggio sovversivo in cui l’amore prende il posto della paura operando una rivoluzione che destabilizza gli antichi poteri basati sul terrore e radicati nell’ignoranza e nell’estrema povertà di chi soggiace, ma anche di colui che pur credendo di essere chi guida è solo un burattinaio di corpi senz’anima.
Nato nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937 e figlio di un calzolaio e di una sarta, don Pino Puglisi è ucciso nella stessa borgata il 15 settembre 1993 (giorno del suo 56° compleanno) dopo una vita dedicata con sincera abnegazione al sacerdozio, occupandosi dei ceti più umili e diseredati, e dedicandosi all’insegnamento nelle scuole medie inferiori e superiori, fino al liceo classico “Vittorio Emanuele II”: un martire che il 25 maggio 2013 è diventato Beato, prima tappa di un cammino verso la santificazione.
Christian Di Domenico, serio e preparato attore con alle spalle successi e insegnamento, nato a Monza nel 1969 da padre pugliese e madre siciliana, nella sua infanzia in collegio conosce 3P (soprannome scherzoso dato a don Pino dai suoi alunni per le tre p iniziali) quale confessore, guida spirituale, insegnante di religione e poi amico di famiglia. Una storia di vita vera raccontata con semplice e sfumata naturalezza, anche di mezzi espressivi (oltre al nitido fluire della parola, una sedia e un passamontagna),frutto di un serio lavoro di preparazione, limature, tagli, inserimenti e rifiniture, per riportare alla luce il proprio passato che diventa urgente, esemplare e significativo per tutti.
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